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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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De Natura Deorum III,88
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originale
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[88] neque Herculi quisquam decumam vovit umquam, si sapiens factus esset -- quamquam Pythagoras, cum in geometria quiddam novi invenisset, Musis bovem inmolavisse dicitur; sed id quidem non credo, quoniam ille ne Apollini quidem Delio hostiam inmolare voluit, ne aram sanguine aspergeret. Ad rem autem ut redeam, iudicium hoc omnium mortalium est, fortunam a deo petendam, a se ipso sumendam esse sapientiam. Quamvis licet Menti delubra et Virtuti et Fidei et Spei consecremus, tamen haec in nobis ipsis sita videmus; salutis, opis, victoriae facultas a dis expetenda est. Inproborum igitur prosperitates secundaeque res redarguunt, ut Diogenes dicebat, vim omnem deorum ac potestatem.
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traduzione
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88. Nessuno ha mai promesso ad Ercole la decima parte dei suoi proventi in cambio di divenire sapiente. Si dice,
? vero, che Pitagora immolasse un bue alle Muse ogni qual volta faceva qualche scoperta nel campo della geometria, ma
io noti credo a questa tradizione: basti pensare che Pitagora si rifiut? di sacrificare una vittima persino ad Apollo Delio
per non macchiare di sangue l'altare.
Per tornare al mio argomento, ? comune opinione di tutti i mortali che la fortuna bisogna invocarla dalla divinit?,
ma la sapienza occorre conquistarsela da soli. Possiamo a nostro piacimento consacrare templi alla Mente, alla Virt? ed
alla Fede, ma dobbiamo anche constatare che queste doti sono in noi stessi: agli d?i chiederemo il dono della speranza,
della salute, della ricchezza, della vittoria. La conclusione ? dunque, come affermava Diogene, che la prosperit? e la
fortuna dei malvagi smentiscono in pieno la forza e potenza divina.
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